Ti guardavo mangiare le aringhe con panna con gusto, imburrare il pane con gesto deciso, infilare la forchetta nel barattolo in profondità per raccogliere ogni pezzetto residuo.
Masticavi, col viso sorridente e gli zigomi alti, ancora più pronunciati per il boccone che gustavi. Gli occhi erano a fessura, come due tegoline, e come il mio gattino di porcellana cinese, tutto soddisfatto per aver preso il pesciolino.
Volevo farti una foto. Ma non avrei colto la passione che rivolgevi alle aringhe. Mi rimane impresso nella memoria il tuo sguardo in ascolto della nostre belle interrotte parole, solo una volta, iniziate le aringhe.
A Sopot in fondo al molo di 500 metri c'è un porto, tanto piacciono i porti e le navi ai polacchi. È tutto bianco: bandiere bianche garriscono alle sferzate del vento del Baltico, sulle panchine bianche i bambini in divisa bianca ridono e scherzano delle difficoltà degli adulti, le ragazze del nord dai lunghi capelli biondi trattengono il cappello a large falde e la gonna che non sempre mostrerebbe la traccia immacolata del costume. Soprattutto per questo ultimo spettacolo pago l'ingresso e mi reco ai tornelli (ecco questa è l'unica imperfezione della giornata). Una signora sorveglia l'ingresso, la saluto col trucco del bonfonchio, che è un saluto tipo rumore bianco (considerato il bianco del contesto), dove l'ampio spettro detto suoni generati contiene anche un -la ringrazio- in tutte le lingue del mondo. Superata la barriera vengo raggiunto alle spalle da sonoro -Arrivederci- con le vocali un po' allungate ma senza dubbio cordiale. Mi volto e vedo la signor...