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Con Ruth ho volato

Ruth, hostess tedesca, lasciami addentare il tuo seno, coprimi con le tue trecce bionde, lasciami tornire con le mani le caviglie, e via su, il polpaccio elastico, il ginocchio e la coscia lunga, lascia che impasti le natiche per farne pane. Il fascino della divisa, un tailleur sbarazzino con una giacchetta col bavero dal profilo che produrrebbe una scollatura profonda, chiusa in alto con i lembi a contatto tra loro, e in un punto intermedio in cui i lembi sono solo accostati lasciando lo spazio di un dito.
Le guardo la caviglia, penso ai massaggi che ho visto in un video in aeroporto a san paolo, con l'invidia per chi per professione, poteva esplorare la modella, e con la fantasia condurla piano nei sentieri di una seduzione sensoriale minuziosa ed estesa a tutto il corpo, con le mani unguentose, strofinamenti accidentali del proprio basso ventre che non può rimanere insensibile, finché fatto uscito dal ruolo di cieco spettatore è chiamato alla ribalta e lasciato esplodere a conclusione dell'esplorazione di quel corpo.
La fantasia nasce dalla caviglia e dal piede. Tacco alto, altissimo, basso, assente. Una caviglia per ogni tacco. Partendo dalle ciabattina infradito, il piede piatto, e il tallone squadrato danno il risultato peggiore esteticamente. Il tacco e la scarpa urgono. Se invece il piede è polposo, coi tendini in risalto gradevolmente, e il tallone disegnato come la testa di una oca, allora è amore.
Ho esagerato al duty free, con la levataccia alle 3 e un quarto di mattina, con la stessa camicia di due giorni di ufficio, ho cercato di nascondere l'insicurezza con gli espositori di profumo. Non scelgo per molto, un profumo super markettizzato mi si propone lui, con una enorme foto di un macho nel gesto di tirare di boxe. Deve essere comune in un aeroporto a quell'ora di mattino, perché accanto a me, un commesso si sta facendo la doccia nebulizzandosi di essenza di agrumi rossastra.

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