Con me mutava, mutava letteralmente, diveniva muta. Per quanti sforzi facessi di apparire brillate fallivo. Battute imbattibili, paradossi, parossismi, similitudini, analogie salaci. Nulla, lei mutava. Che rabbia quando la sentivo ridere ai discorsi del collega, quello che non sopporto per il 50% del tempo, coi suoi discorsi oziosi e inutili nel suo portoghese bislacco. Le sue risate erano una pugnalata, ogni intervento nella discussione un colpo al basso ventre- alto pene. Ammesso che non capisse l’italiano o il mio italiano, rimane il fatto inoppugnabile che rarissimamente mi volgeva una domanda o il seme sul quale condensare qualche goccia di conversazione.
Perché non ho visto cosa accadeva? È il caos che avanza?
La realtà l'ha vista lei, e ne sono venuto a conoscenza sentendola raccontare le sue avventure, che sono state anche le mie.
Come ho fatto a non dare peso a Buenos Aires, fuori dall'aeroporto, alla scena di lui che parte spedito, come il santo, intenzionato a risolvere il problema. Poi io, avanti a lei, per un sentimento protettivo, un po' glebas, vittima della mia màlia passiva. Infine lei. Come la cronaca riporta eravamo come al mercato del pesce, assaliti dai venditori, che poi erano taxisti, alla ricerca di clienti che scarseggiavano al momento. Certo un mercato particolare, dove il prezzo è fisso, quindi l'offerta era solo basata sulla simpatia (uguale a zero). Di lei ricordo solo il passo breve e un po' impacciato, a sentirla a causa di una rotella della valigia consumata in modo irregolare.
Non rideva e non dava segni di irrequietezza.
Lui invece scambiava poche parole con questo e con quello, facendo segno di diniego ad ogni commiato.
Il percorso era obbligato al disotto di una lunga pensilina, dove noi tre eravamo gli unici di 40 non taxisti. Gli altri erano prima di tutto indiavolati e senza lavoro, secondariamente erano taxisti.
Alla fine, fine della pensilina, un ragazzo, né taxista né cliente, bensì un palafreno, accetta una offerta clamorosa di 65 pesos, e la rivende all'ultimo della coda di disoccupati tassinari. Con un ampio gesto vittorioso ci chiama. Il taxi è a furgoncino, molto confortevole e si parte. Non ricordo quale fosse l'argomento che scatenò la rissa. Suppongo che la destinazione fosse già stata pattuita con tra le parti, invece a sorpresa, quasi casualmente, si è questo il mio ricordo, parlando di dove conducesse la strada il taxisti fece la scena di rendersi conto che 65 pesos non fossero sufficienti per condurci all'altro aeroporto, che aveva capito altro.
La lotta verbale si ingaggiò subito, in spagnolo, con parole tipo puta, madre, coder. Ci scarico al distributore li vicino, per fortuna prima di entrare in autostrada. Il socio mentre stava ancora litigando col furbacchione aveva già chiesto informazioni ad un pullman di linea lì in sosta, e ad un altro taxi, di quelle compagnie che non sono autorizzate a mettersi in coda agli arrivi. Questi, per non fare il ritorno a casa senza una corsa pagata accettò subito.
Nel racconto della ragazza tutti questi aspetti di teoria dei giochi erano ben delineati. Aggiungerei le condizioni precarie di spazio del secondo mezzo
Perché non ho visto cosa accadeva? È il caos che avanza?
La realtà l'ha vista lei, e ne sono venuto a conoscenza sentendola raccontare le sue avventure, che sono state anche le mie.
Come ho fatto a non dare peso a Buenos Aires, fuori dall'aeroporto, alla scena di lui che parte spedito, come il santo, intenzionato a risolvere il problema. Poi io, avanti a lei, per un sentimento protettivo, un po' glebas, vittima della mia màlia passiva. Infine lei. Come la cronaca riporta eravamo come al mercato del pesce, assaliti dai venditori, che poi erano taxisti, alla ricerca di clienti che scarseggiavano al momento. Certo un mercato particolare, dove il prezzo è fisso, quindi l'offerta era solo basata sulla simpatia (uguale a zero). Di lei ricordo solo il passo breve e un po' impacciato, a sentirla a causa di una rotella della valigia consumata in modo irregolare.
Non rideva e non dava segni di irrequietezza.
Lui invece scambiava poche parole con questo e con quello, facendo segno di diniego ad ogni commiato.
Il percorso era obbligato al disotto di una lunga pensilina, dove noi tre eravamo gli unici di 40 non taxisti. Gli altri erano prima di tutto indiavolati e senza lavoro, secondariamente erano taxisti.
Alla fine, fine della pensilina, un ragazzo, né taxista né cliente, bensì un palafreno, accetta una offerta clamorosa di 65 pesos, e la rivende all'ultimo della coda di disoccupati tassinari. Con un ampio gesto vittorioso ci chiama. Il taxi è a furgoncino, molto confortevole e si parte. Non ricordo quale fosse l'argomento che scatenò la rissa. Suppongo che la destinazione fosse già stata pattuita con tra le parti, invece a sorpresa, quasi casualmente, si è questo il mio ricordo, parlando di dove conducesse la strada il taxisti fece la scena di rendersi conto che 65 pesos non fossero sufficienti per condurci all'altro aeroporto, che aveva capito altro.
La lotta verbale si ingaggiò subito, in spagnolo, con parole tipo puta, madre, coder. Ci scarico al distributore li vicino, per fortuna prima di entrare in autostrada. Il socio mentre stava ancora litigando col furbacchione aveva già chiesto informazioni ad un pullman di linea lì in sosta, e ad un altro taxi, di quelle compagnie che non sono autorizzate a mettersi in coda agli arrivi. Questi, per non fare il ritorno a casa senza una corsa pagata accettò subito.
Nel racconto della ragazza tutti questi aspetti di teoria dei giochi erano ben delineati. Aggiungerei le condizioni precarie di spazio del secondo mezzo