Passa ai contenuti principali

L'ultima rampa

L'ultima rampa prima del piazzale su cui si apre l'ingresso degli uffici è particolarmente ripido. Si capiscono le intenzioni dell'autista da come prende l'ultima curva, stretta come un tornante di montagna, e in effetti siamo in montagna, a circa 1000 metri, qualche centinaia di metri sopra al centro della città. Le auto ad alcool non ce la fanno se non in prima: il motore poco a poco soffoca inoltrandosi sull'erta. Prossimi ad imballare devono scalare in prima. Ansiosi di riprendere la marcia tirano, fino a far piangere il motore, voglia di rivalsa, con rabbia innestano la seconda, quando, superato l'acme, la salita da una sensibile tregua. Rimangono pochi metri da fare in seconda, ma l'autista ha la certezza che il suo mezzo è ancora idoneo alle asperità della città dal bell'orizzonte.

Eppure avvengono contrattempi pericolosi, provenendo dal basso, come sulla scala di un pollaio, come in una scalata sociale. Nel fare il tornante di slancio si può incontrare un mezzo di ritorno, lanciato a rotta di collo giù per la montagna. Questo può impedire di prendere il tornante con la traiettoria ottimale. Ho vissuto anche personalmente un sorpasso esterno da parte di un'auto proveniente da dietro, irrequieto dal non poter prendere l'abbrivo che pensava di meritare, ostacolato, impedito dal modesto taxi su cui mi trovavo. Altro impedimento è la presenza di mezzi in manovra dal grande palazzo sul lato sinistro, con il garage troppo angolato rispetto la strada. Oppure auto ferme a far scendere gli studenti dell'istituto universitario sulla stessa carreggiata destra. E per finire un sequenza irregolare di 3 buche, non allineate, ce richiede la perizia di scegliere la giusta traiettoria per non infilarvicisi con una delle ruote anteriori.
Insomma l'ultima erta è un'avventura in se, dove è facile vincere con un motore a benzina, ma per far vedere chi sei la devi affrontare con l'alcool, (sobrio).

Post popolari in questo blog

Acqua alle caviglie

Altro che acqua alle caviglie ... Un pomeriggio trafelato come al solito, sommerso di messaggi, mail tocchi sulla spalla, "scusa posso farti una domanda?". Almeno tutti sono gentili, questa è la differenza degli uffici degli ultimi anni.. Il pomeriggio stava iniziando dopo il pranzo, e grandi nuvoloni iniziano ad oscurare il cielo. Io posso vedere porzioni di grandi vetrate, a sinistra su un viale alberato, a destra su un cortile, panorama un poco, ma anche da questo lato posso vedere una bella fetta di cielo. Il cielo si è annuvolato, coperto, inspessito. Un cielo di ovatta grigia, scura, sempre più scura. Il suo stomaco rimbomba, anche il mio stomaco rimbomberebbe divenissi così minaccioso. Tuoni, lampi, iniziano a cadere grosse e rumorose goccie, poi bicchierate, infine secchi di acqua. Guardo la scena a destra e sinistra, qualche collega si alza e si affaccia alle finestre. La corrente elettrica resiste, la rete informatica pure. Vedo gli scrosci d'acqua e mi ric

Plattenbau

Attraversando i quartieri nuovi delle città europee distrutte dalla guerra, è inevitabile essere colpiti da un vago deja-vu. In Germania e in Polonia anche di più, ma solo perché ho attraversato tutte e due in pochi giorni. Un quartiere di una città può assomigliare a quello della città di un altro paese, un palazzo essere l'immagine speculare di quelli di fronte. In un film russo il protagonista torna a casa, ma è indotto a sbagliare città. Recandosi all'indirizzo con lo stesso nome, allo stesso numero di palazzina e appartamento, e con la stessa chiave (!!!) entra nella vita di un altro. Il finale è loro perché nasce una storia d'amore, ma almeno quello, il carattere di due è diverso. In tedesco di chiama Plattenbau, ed è una metodologia costruttiva basata fortemente su moduli prefabbricati. Quello da incubo potrebbe essere fatto così: mono colore (assente), mono modulo, senza balconi, tetto piano, fronte continuo per un chilometro, alto 30 piani, senza garage, parchet

Le poltroncine basse

Le poltroncine basse funzionano come espositori. In ogni sala d'attesa, in ogni hall di albergo se ne possono trovare. Sono decisamente scomode, un supplizio a tirarsi su in piedi, e a sedersi sono equivalenti ad un tuffo all'indietro dal trampolino. Ma sono espositori, per questo ce ne sono tante. Espositori de che? Per donne in tiro. Per i difetti che vi ho citato, gli uomini e le donne vestite normalmente, provano solo una grande fatica e un grande disagio nel doverle utilizzare. Le usano solo se sono costretti. Rimangono in piedi alla finestra piuttosto, li vedi lì, con una rivista in mano, mentre lì accanto c'è una di queste poltroncine vuote... finché non arriva la donna in tiro. La donna in tiro è attillata, scollata, spaccata, tacco 12. Nell'atto di sedersi è possibile cogliere l'uso di autoreggenti, di reggiseno imbottito o meno, di mutanda o meno. L'uso della poltroncina espositore per loro non è mai un problema. Con grande grazia e femminilità ri